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valeria rosso psicologo psicoterapeuta torino
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Il film “Zen – Sul ghiaccio sottile” della giovane regista italiana Margherita Ferri è un film coraggioso. Sottolinea senza mezzi termini l’importanza del bisogno dei ragazzi di essere autentici e di esprimere la propria voce, pur attraverso timori e sofferenze; anche se tale autenticità può esporli a conflitti o addirittura all’esclusione da parte del gruppo.
Vengono così descritti in forte tensione due bisogni degli adolescenti, e non solo loro: il bisogno di autenticità, e quello di appartenenza e di riconoscimento da parte del gruppo.
Tale tensione sembra esasperata proprio nel mondo omologato e banale di oggi, dove tutti devono rispondere come a comando a ciò che la società, il costume, i media impongono. Nel film l’appagamento del bisogno di autenticità non viene infatti sostenuto dai social media, che al contrario sembrano potenziare la diffusione di stereotipi, dicerie, bugie.
Il contesto del film è quello provinciale di un paese sull’Appennino, dove tutti sanno (o presumono di sapere) tutto di tutti, e dove è difficile uscire dai ruoli sociali decisi dalla società. In questa realtà di paese si dipana la storia di due ragazze sedicenni (Maia e Vanessa), e della loro breve ma intensamente autentica relazione di amicizia.
Maia è una sedicenne appassionata di hockey, che si allena, unica ragazza del gruppo, con la squadra locale, in attesa di prendere parte alla squadra nazionale. Pur essendo confusa circa la propria sessualità e desideri, ha le idee chiare su una cosa: ama vestirsi da maschio e vorrebbe essere vista e riconosciuta in questa sua identità maschile. Proprio per questo preferisce essere chiamata Zen, piuttosto che Maia.
Zen è vittima dell’attenzione negativa dei suoi compagni di squadra e di scuola, che la prendono di mira per l’aspetto poco femminile e per la sua presunta omosessualità.
Completamente diversa è Vanessa, compagna di classe per cui Zen ha un debole, e fidanzata con il bullo Luca; lei rientra perfettamente nei canoni della ragazza femminile, desiderabile e popolare,… anche troppo.
Attraverso il dipanarsi della vicenda scopriamo che chi, come Maia-Zen, si trova ad avere un un’identità sessuale discordante da quella biologica, si sente spinta a dichiararsi, prima in modo scomposto e rabbioso, e successivamente in modo più contenuto e determinato, attraverso esperienze vissute che la rinforzano. Tale processo si compie affrontando la solitudine, ma anche grazie ad alcune poche relazioni vere, intense, urticanti ma corroboranti, come quella con Vanessa.
Vanessa, al contrario, che ha caratteristiche che la rendono più adeguata o popolare, sembra avere una vita più serena. In realtà non patisce di meno un ambiente conformista, e non ha meno bisogno di esprimersi autenticamente; ha però più difficoltà a farlo, al punto da non riuscire a dire di no ad un’esperienza sessuale non gradita.
Vanessa si trova ad ammirare Maia-Zen, per la sua autenticità, per la sua capacità di essere se stessa, seppur in modo talvolta scomposto e rabbioso; diventa così più consapevole del suo personale bisogno di essere se stessa e della sua sofferenza nell’aderire a un ambiente chiuso e conformista.
Il film ci ricorda che per star bene i ragazzi hanno bisogno di riconoscimento e appartenenza, ma anche e soprattutto di autenticità. Non è detto che i più popolari siano i più sereni o appagati. Il percorso di ogni ragazzo passa da un lato attraverso la ricerca di appartenenza e di conferme da parte del proprio gruppo di riferimento, per avere vicinanza, calore affettivo, rassicurazioni rispetto alle proprie incertezze su chi si è e sul proprio futuro. Allo stesso tempo passa attraverso la ricerca di autenticità, della possibilità di esprimere se stessi nella propria unicità/diversità, e di collaudarsi anche rispetto a possibili conflitti, o addirittura rifiuti da parte del gruppo o di una porzione di esso.

Vedi il trailer del film

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